Caos FIT, la protesta degli aspiranti docenti

Con FIT si intende la Formazione Iniziale Tirocino, il nuovo percorso di accesso all’insegnamento che andrà a sostituire il TFA. Al contrario del precedente tirocinio, che aveva durata annuale, il FIT si estenderà per tre anni, durante i quali i formandi avranno diritto solo ad un minimo rimborso spese. Ma i problemi non sono finiti qui: per accedere al FIT sarà necessario superare un concorso (che presumibilmente si terrà in estate, anche se ancora non vi sono garanzie, e le imminenti elezioni politiche rischiano di scombinare nuovamente le carte in tavola), e per accedere al concorso bisognerà essere in possesso di alcuni prerequisiti. Sono gli ormai noti “24 CFU”, ovvero 24 crediti formativi distribuiti negli ambiti di pedagogia, antropologia, psicologia e metodologie didattiche.

Già questo pare un controsenso: per accedere a una formazione triennale incentrata su questi temi viene imposta la loro conoscenza già come prerequisito. Gli aspiranti docenti che nei loro percorsi di studi avevano già affrontato queste materie avevano la possibilità di vedersele riconosciute; ma per tutti gli altri (la maggior parte) sarà necessario sostenere tutti e 24 i crediti. In sostanza l’equivalente di quasi un semestre di studi da affrontare in una manciata di mesi, su argomenti per molti estranei e totalmente nuovi rispetto alla propria formazione, e con l’aggiunta del fatto che tantissimi degli aspiranti docenti già lavorano a tempo pieno in stato di estrema precarietà nella scuola o altrove. Il non raggiungimento di questi 24 crediti comporta l’impossibilità di partecipare al concorso. Di fatto già una vera e propria selezione prima di quella ufficiale!

L’Università di Pisa si vanta di essere uno fra gli atenei che meglio in Italia hanno organizzato questa transizione al FIT; tuttavia anche qui stanno emergendo moltissime criticità. A partire dal riconoscimento dei CFU pregressi: Unipi ha istituito una propria commissione con il compito di ratificare gli esami pregressi già sostenuti relativi ai quattro ambiti. Nei fatti, però, tantissimi aspiranti docenti si sono visti “annullare” esami assolutamente validi e inerenti, in base a una valutazione, spesso non giustificata e incontestabile, di questa commissione. Gli esami sono tutti contraddistinti da un codice SSD (settore scientifico-disciplinare), un riscontro “oggettivo” sul contenuto dell’esame. Ma il Ministero ha dato potere ai singoli atenei di “scavalcare” questo codice e analizzare singolarmente ogni esame per valutare la pertinenza con gli obiettivi dei quattro ambiti. Una commissione che, nel caso pisano, ha analizzato oltre 4200 piani di studio individuali in poco più di una settimana; possiamo quindi immaginare con quale attenzione e accuratezza molti esami (validi secondo il codice SSD) siano stati indicati come “non pertinenti”. Per ogni esame annullato da Unipi, l’obbligo di sostenerlo nuovamente, ovviamente iscrivendosi di nuovo (e pagando!)

Altri problemi riguardano le tempistiche, le scadenze e le comunicazioni: ad esempio la possibilità di presentare l’ISEE e ottenere riduzione delle tasse (che per chi fa il percorso completo possono arrivare ad essere 360 per gli esami, più 50 di iscrizione, a cui sommare ovviamente il costo dei manuali) è stata chiusa troppo presto, senza adeguata comunicazione, tanto che moltissimi aventi diritto sono stati esclusi dalla riduzione. Sempre riguarda alle tempistiche, risultano assolutamente non idonee rispetto al carico di studi che si prospetta: alcuni corsi stanno imponendo una quantità di materiale elevatissima, considerando che si tratta di soli 6 CFU a corso.

Per questo negli scorsi giorni alcuni aspiranti docenti hanno cominciato a organizzarsi: prima scrivendo delle mail ai responsabili del percorso FIT, poi, stamattina, presentandosi al CdA dell’ateneo per leggere una lettera e portare le proprie rimostranze. Ad ora sembrerebbero raggiunti i primi due risultati: sarà inserito un terzo appello per sostenere gli esami FIT e sarà organizzato un incontro pubblico il prima possibile in cui affrontare tutte queste criticità. Resta ancora evidente il nodo principale di questa vergognosa forma di ammissione. Il meccanismo dei 24 CFU rischia comunque di essere una preselezione, per sfoltire i partecipanti al concorsone, ed essere comunque pagata a caro prezzo. Il rischio cioè è che l’Università di Pisa (come le altre in Italia) continui a spremere soldi a persone che già hanno affrontato una lunga (e onerosa) formazione, e che spesso già lavorano all’interno della scuola; e che nonostante questo mantenga l’attuale conformazione, bocciando (ed escludendo quindi dal concorso) le persone che non riusciranno a studiare adeguatamente in così poco tempo. Che poi, probabilmente, saranno proprio le persone impossibilitate da impegni di lavoro e famiglia.

In molte città d’Italia stanno nascendo varie forme di protesta contro il FIT e il vergognoso meccanismo dei 24 CFU. A partire  dall’incontro pubblico che si terrà nei prossimi giorni, c’è la possibilità di smuovere le acque anche a Pisa, e ottenere dei miglioramenti.

Share