L’Hub militare Pisa-Livorno: la nuova aviorimessa un altro tassello verso la guerra 

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43 milioni per un hangar militare: continua il potenziamento dell’apparato bellico sul nostro territorio

Una nuova, mastodontica aviorimessa sta per sorgere all’aeroporto militare di Pisa. Non si tratta di un intervento isolato, ma del tassello più recente di un silenzioso ma profondo processo di militarizzazione che sta ridisegnando l’intera area tra Pisa e Livorno, consolidandola come uno dei principali poli militari-industriali d’Europa. Un processo che vede coinvolti non solo l’aeroporto militare ma anche strutture come il CISAM, centro di addestramento e ricerca per le forze armate, e che incontra la resistenza di movimenti per il disarmo e la smilitarizzazione del territorio.

Aeroporto militare di Pisa

Il Ministero della Difesa ha stanziato circa 43 milioni di euro per la costruzione di un hangar di manutenzione destinato ai velivoli strategici C-130J e C27J presso l’aeroporto militare di Pisa. L’appalto, finanziato interamente attraverso il bilancio della Difesa con una base d’asta superiore ai 40 milioni, prevede una struttura all’avanguardia che potenzierà significativamente le capacità operative dello scalo militare.

Questi aerei da trasporto tattico rappresentano asset fondamentali per la logistica militare italiana e per le operazioni NATO, confermando come l’aviorimessa non sia semplicemente un’infrastruttura di servizio, ma un potenziamento strategico con implicazioni che vanno ben oltre il contesto locale. 

Un sistema militare integrato

L’aviorimessa si inserisce in un sistema militare-industriale molto più ampio, al cui centro si trova Camp Darby, il più grande arsenale militare americano fuori dagli USA. Con un deposito di oltre 125.000 metri quadri che ospita migliaia di mezzi corazzati, artiglieria, munizioni e materiale bellico di ogni tipo, questa base rappresenta un hub logistico cruciale per le operazioni militari americane nel Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente. A questo si aggiunge la nuova base al  CISAM, centro di formazione, addestramento e ricerca militare che completa il quadro del dispositivo bellico nell’area.

Intorno a questo Hub militare e alla nuova aviorimessa, negli ultimi anni è stato sviluppato un sistema integrato di infrastrutture strategiche. La linea ferroviaria di Tombolo, di cui si ha notizia di un investimento di circa 40 milioni di euro (25 milioni dal governo italiano e 15 milioni dal Dipartimento della Difesa USA, cifra che comunque potrebbe essere a ribasso), sta realizzando il nuovo raccordo ferroviario che collega direttamente Camp Darby alla rete ferroviaria nazionale, incluso un ponte mobile sui Navicelli e nuovi binari dedicati esclusivamente al trasporto di materiale bellico.

Giani inaugurazione Darsena Europa

Le vie d’acqua sono state potenziate con l’ampliamento del Canale dei Navicelli, attraverso il consolidamento statico degli argini del canale, la riqualificazione completa del palancolato dalla foce dello scolmatore fino alla darsena di Camp Darby e la riapertura della banchina “tombolo Dock” finalizzata a potenziare il trasporto di armi e mezzi militari su chiatte in entrata e in uscita dalla base, per migliorare il collegamento diretto tra il porto di Livorno e Camp Darby (interventi dai costi complessivi non conosciuti in quanto il piano è secretato per motivi militari).
Proprio pochi giorni fa è stata posata la prima pietra della Darsena Europa alla presenza del Presidente della Regione Toscana Giani, con un investimento complessivo che tra lavori e spese di sicurezza ha raggiunto, ad ora, la cifra di 550 milioni di euro, cento milioni in più rispetto all’importo originario. Benché presentata come opera di potenziamento commerciale, la sua vicinanza strategica agli stabilimenti WASS e la collocazione all’interno del sistema logistico militare solleva interrogativi sulla sua effettiva finalità prioritaria.

La connessione tra porto, aeroporto e basi militari tramite ferrovia e canali navigabili conferisce all’area una flessibilità logistica di primaria importanza per le operazioni militari congiunte, mentre crescono le proteste dei movimenti per il disarmo che chiedono la riconversione di queste infrastrutture a fini civili e sociali.

L’industria bellica sul territorio: Leonardo-WASS

Un altro tassello fondamentale di questo ecosistema militare è rappresentato dalle industrie belliche presenti sul territorio. Leonardo S.p.A., colosso italiano della difesa partecipato dal Ministero dell’Economia, ha una significativa presenza in Toscana con diverse divisioni operative. Di particolare rilevanza è WASS (Whitehead Alenia Sistemi Subacquei), di recente parte di Leonardo Divisione Sistemi di Difesa, con sede a Livorno.

Questo stabilimento, strategicamente posizionato a pochi chilometri dalla Darsena Europa in via di realizzazione, è specializzato nella progettazione e produzione di siluri pesanti e leggeri, sistemi di contromisure e altri armamenti navali avanzati, la cui movimentazione sarà facilitata dalle nuove infrastrutture portuali. I sistemi d’arma prodotti da WASS, come il siluro pesante Black Shark e il siluro leggero MU90, sono considerati tra i più sofisticati al mondo.

Impatti sul territorio e resistenza locale

La crescente militarizzazione comporta anche significativi impatti ambientali. Le nuove infrastrutture, tra cui la linea ferroviaria di Tombolo e ora l’aviorimessa, richiedono cementificazioni e opere invasive che minacciano l’ecosistema del Parco di San Rossore-Migliarino-Massaciuccoli da più lati. Il ponte mobile sui Navicelli e le nuove strutture di collegamento hanno già comportato deforestazioni e alterazioni significative del territorio terrestre e marino.

Di fronte a questa trasformazioni, abbiamo ampliato la nostra battaglia contro l’intera infrastruttura militare nell’area pisana, consapevoli che la nuova Base del Tuscania abbia un ruolo centrale.
Con manifestazioni, presidi e iniziative di sensibilizzazione, il movimento ha portato alla luce i costi economici, sociali e ambientali di questi progetti, sfidando la narrazione ufficiale e proponendo alternative di utilizzo del territorio. Le nostre rivendicazioni si uniscono a quelle di altri movimenti per il disarmo e la smilitarizzazione che in tutta Italia si oppongono alla crescita delle spese militari e alla proliferazione delle basi NATO.

Oltre la narrazione ufficiale

Gli interventi infrastrutturali, dalla nuova aviorimessa alla linea ferroviaria di Tombolo, vengono presentati spesso come miglioramenti logistici necessari o come opportunità di sviluppo economico e occupazionale. In realtà, rafforzano in modo significativo la capacità operativa dell’intero apparato militare e industriale bellico della zona. Un modello di sviluppo fondato su basi militari, arsenali di armi, industrie della difesa e infrastrutture logistiche per operazioni belliche rischia di assecondare un sistema che alimenta conflitti globali sottraendo risorse vitali ai bisogni delle comunità locali.
Mentre sindaci e governatori sventolano bandiere arcobaleno per la “pace”, firmano accordi per nuovi hangar militari e basi NATO. La stessa Regione che organizza marce per la nonviolenza stanzia milioni per infrastrutture belliche, mentre scuole e ospedali cadono a pezzi. Questa è la doppia morale di chi predica la pace mentre trasforma il nostro territorio in una piattaforma di guerra globale

Il caso della nuova aviorimessa di Pisa, insieme al potenziamento di Camp Darby, del CISAM, degli stabilimenti Leonardo-WASS e delle infrastrutture circostanti, deve stimolare un dibattito aperto all’interno della comunità. Con un investimento complessivo che supera il miliardo di euro di fondi pubblici per le infrastrutture, è legittimo opporsi al modello di sviluppo imposto sul nostro territorio.

Come movimento “No base né a Coltano né altrove”, il nostro impegno è rompere la ragnatela sempre più fitta ed asfissiante che sta trasformando il nostro territorio nel centro nevralgico degli attacchi bellici. Una rete di infrastrutture militari interconnesse che soffoca le possibilità di uno sviluppo orientato alla pace e alle reali necessità dei cittadini. Sosteniamo le campagne per il disarmo, la riduzione delle spese militari e il diritto all’obiezione di coscienza, consapevoli che solo attraverso la disobbedienza civile e la mobilitazione popolare si può contrastare questa deriva militarista.

La sfida che poniamo è quella di immaginare e promuovere un futuro diverso, che punti sulla riconversione degli investimenti militari e dell’industria bellica in progetti di utilità sociale e rispettosi dell’ambiente. Si potrebbero realizzare nuovi ospedali, scuole, centri culturali e sociali, oltre a interventi di riqualificazione urbana e potenziamento del trasporto pubblico sostenibile. Le competenze tecnologiche e il personale qualificato oggi impiegato nell’industria degli armamenti potrebbero essere riconvertiti verso settori civili innovativi, dalla sostenibilità ambientale alla mobilità green, costruendo un’economia di pace in cui le risorse pubbliche e le capacità produttive rispondano anzitutto ai bisogni delle persone e non alla loro distruzione.

Disertare la guerra, disarmare la pace, riprenderci il territorio: queste sono le parole d’ordine che guidano la nostra lotta contro la militarizzazione crescente e per un futuro di pace e giustizia sociale.