Lunedì 12 maggio hanno scioperato le lavoratrici e i lavoratori precariə delle università italiane, opponendosi alla Riforma Bernini, al disegno di legge 1240 e al piano di riarmo europeo, chiedendo maggiori investimenti nella ricerca e nell’università pubblica.
Lo sciopero, promosso da FLC CGIL insieme ad altre sigle sindacali come USB, era stato annunciato a marzo, raccogliendo l’appello delle Assemblee dei/delle precariə per una mobilitazione unitaria. Ha coinvolto il personale della ricerca in tutta Italia. A Pisa, i sindacati confederali hanno optato per un’assemblea sindacale per includere il personale esternalizzatə dell’ateneo.
Il precariato nella ricerca italiana è un problema che riguarda decine di migliaia di persone: il numero di lavoratorə a tempo determinato, assegnistə e borsistə ha superato quota 40.000, a fronte di circa 53.000 docenti strutturatə – e questo senza contare chi lavora tramite appalti.
A questa situazione già drammatica si sommano i tagli al Fondo di Finanziamento Ordinario imposti dal Governo. All’Università di Pisa, anche a causa di scelte gestionali della governance, gli effetti sono già visibili: taglio dei servizi (accesso a riviste scientifiche, banche dati), aumento delle tasse universitarie, riduzione degli orari di apertura dei dipartimenti, con conseguenti riduzioni delle ore lavorative e licenziamenti del personale esternalizzatə.
A questo quadro si aggiunge la crescente tensione internazionale e l’escalation bellica, con l’uscita del piano europeo RearmEU: un massiccio investimento nella spesa militare che prevede l’aumento del budget al 2% del PIL, un’estensione delle prerogative delle agenzie di sicurezza in collaborazione con università e enti di ricerca, e il finanziamento diretto alla ricerca militare nei nostri atenei.
Non è un caso che, nella giornata di sciopero, si siano unite le rivendicazioni per il diritto allo studio e alla ricerca con quelle per fermare il riarmo e la militarizzazione delle università.
In tutta Italia le piazze si sono riempite con queste parole d’ordine (in foto Università Sapienza di Roma).
A Pisa, la mobilitazione è partita con picchetti capillari nei poli universitari: dal Polo Piagge al Polo Fibonacci, fino alle Scuole di eccellenza come Sant’Anna e Normale. Fin dal mattino, precarə e studentə si sono ritrovatə con megafoni e striscioni per coinvolgere la comunità universitaria e muovere in corteo verso Piazza Dante.
L’iniziativa ha mostrato una grande capacità di auto-organizzazione nei luoghi di lavoro e studio, con l’obiettivo di coinvolgere colleghə, studentə e lavoratorə in ogni spazio dell’ateneo. Tra le prospettive emerse, anche quella di costruire uno sciopero del mondo della ricerca, capace di bloccare – anche solo temporaneamente – la macchina formativa e aprire spazi di riflessione e confronto su problemi strutturali dell’università.
Dalle 11 in poi, in Piazza Dante si è tenuta una assemblea molto partecipata, con la presenza di studentə, precarə, lavoratorə esternalizzatə, PTA, associazioni e cittadinə solidali. L’assemblea è stata un momento di confronto, di ascolto e raccolta di vertenze e proposte.
Dopo un pranzo sociale, la giornata è proseguita con una passeggiata rumorosa attraverso i poli universitari, le aule studio e le biblioteche: dal Polo San Rossore, alla biblioteca di Antichistica, fino a Piazza dei Miracoli e poi di nuovo al Polo Fibonacci.
La passeggiata ha attraversato simbolicamente – ma anche materialmente – i luoghi in cui il lavoro precario ed esternalizzatə è spesso invisibile, rendendolo finalmente visibile e soprattutto udibile.
Questa è stata una delle parole d’ordine della giornata: rendere visibile ciò che normalmente viene nascosto. È stata una delle tante giornate di lotta che, a Pisa, hanno raccolto una partecipazione ampia e trasversale, mostrando entusiasmo, consapevolezza e determinazione.
La giornata si è conclusa con il lancio dello sciopero e blocco generale in autunno.