CNR: la ricerca si regge su un esercito di precariato

Dopo un’assemblea sindacale promossa da USB pubblico impiego e ricerca nella sede di Pisa del CNR il 25 ottobre è iniziata la mobilitazione con l’occupazione dell’aula 27 dell’Area della Ricerca.

La protesta delle lavoratrici e dei lavoratori precari nasce dalla mancata predisposizione nella legge di bilancio delle misure economiche per la stabilizzazione dei precari degli Enti Pubblici di Ricerca a dispetto dell’entrata in vigore il 22 giugno del decreto di riforma del lavoro pubblico (D.lgs . 75 del 2017, conosciuto come Decreto Madia), che prevede all’articolo 20 il “Superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni”.

In Italia, nei soli Enti Pubblici di Ricerca il numero dei precari è di 8.800 unità, di cui 4.500 nel CNR. Nella sola Area della Ricerca di Pisa il personale con contratti a tempo determinato, assegni di ricerca, borse o contratti parasubordinati rappresenta circa il 35% di tutti i lavoratori.

Uno dei poli più avanzati della ricerca nazionale e uno dei centri di sviluppo e investimento principali della città si regge su un esercito di precariato. Uomini e donne altamente formati che lavorano con contratti a termine rinnovati ogni tre mesi e a volte di mese in mese. Le priorità del governo sono state rivolte all’aumento degli stipendi dei dirigenti scolastici, dei professori universitari e all’assunzione di personale nelle forze dell’ordine.

L’occupazione, che segue e si affianca ad altre forme di protesta portate avanti in tutta Italia dal gruppo dei Precari Uniti CNR, è stata ritenuta la forma di lotta necessaria per tenere costante l’attenzione mediatica durante tutta la fase di discussione della legge finanziaria e per chiedere con determinazione l’apertura di una trattativa per la definizione del piano di assunzioni e delle modalità di applicazione del Decreto Madia all’interno del CNR, perché tutti i precari della ricerca, senza distinzioni d’appartenenza, inquadramento e profilo, vedano rispettati i loro diritti e siano stabilizzati. La ricerca non è una spesa, ma un investimento per l’Italia, dicono, in assenza di finanziamenti la ricerca pubblica italiana morirà.

Basterebbe l’1% dei 20 miliardi della manovra complessiva per la stabilizzazione di tutti.

Nelle oltre due settimane di occupazione lavoratrici e lavoratori precari si sono dedicati, con il supporto del sindacato USB, all’elaborazione di contenuti e materiali per la definizione di un emendamento da proporre alla legge finanziaria: la richiesta è uno stanziamento di circa 300 milioni di euro per le stabilizzazioni.

Hanno avviato incontri istituzionali che hanno portato anche allo svolgimento, presso l’Area della Ricerca, del Consiglio Comunale di Pisa il 9 novembre, che si è impegnato a trasmettere agli organi del governo la proposta di emendamento alla legge di bilancio.

Il 10 novembre hanno aderito allo sciopero generale proclamato dai sindacati di base, partecipando al corteo cittadino e, come in altre occasioni, rappresentando “la morte della ricerca” con un flash mob in Ponte di Mezzo.

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