A caccia di reddito, 6 marzo

Mercoledì 6 marzo alle ore 17.00 presso la sala del DopoLavoro Ferroviario, in Piazza della Stazione, si terrà un’assemblea cittadina su servizi sociali, emergenza abitativa e reddito di cittadinanza.

Un fantasma si aggira per la nostra città: quello dell’indebitato. Spaventa quei padroni di casa che chiedono che più di metà dello stipendio finisca nell’affitto. Terrorizza le agenzie immobiliari di far perdere il credito dei proprietari a vantaggio degli inquilini. Incute timore alle Società di fornitura gas-energia che vanno in ansia quando le bollette vengono pagate in ritardo. Manda fuori di testa gli operatori delle Finanziarie che non vedono rispondere al telefono quei “furbi” che hanno preso i prestiti ma che adesso non vogliono onorare i patti. Si manifesta nell’isteria della Sepi che manda le multe per il parcheggio scaduto di mezz’ora in città.
Ma questo fantasma si trova anche nella mente dello stesso indebitato. Prende le sembianze di uno sfratto, di un’umiliazione, di un pignoramento del misero stipendio, di un fermo amministrativo alla macchina, di una casa rimasta al buio, al freddo o senz’acqua per non aver pagato le utenze.
La chiamano legge del mercato, dove tutto si deve vendere e acquistare. Nessuno però dice che questo mercato è una truffa, che quello che abbiamo già pagato è più che sufficiente a garantire i servizi che ci hanno dato, e che in realtà questi debiti servono per mantenerci schiavi, per far arricchire sempre di più queste società che comandano e che lucrano su tutto quello di cui abbiamo bisogno.

Lo Stato fa il loro gioco. Ci mette in fila per le briciole e ci dice di aspettare, e nel frattempo di sgomitare più forte per lasciare in dietro qualche altro poveraccio. Ci dice di stare buoni e di leccare il culo a qualche vecchio o nuovo politico di turno, che magari ci tocca prima a noi. Magari sì, quasi sempre no. Nel frattempo lo Stato continua a regalare a questi Padroni la possibilità di fare business su di noi. Non c’è giustizia in questa società perchè quello che conta è solo l’interesse e il guadagno dei primi della classe. Quelli indietro possono solo sbavare, o al massimo ringhiare.

E il servizio sociale che fa? Ci tratta da numeri, utenti da sfruttare per i bilanci di quest’Azienda dove i dirigenti prendono più di centomila euro per investire su progetti che ci fanno diventare scemi, ci mettono in concorrenza per accaparrarsi tre miseri contributi da 100 euro, chiamandoci “alta marginalità”, quando invece siamo noi che mandiamo avanti anche quella baracca. Non ci tutela, non ci protegge, non ci difende di fronte alla mancanza di mezzi. Ci spinge a pagare senza darci gli strumenti per farlo. Ci nasconde le risorse, ma in compenso ci rinfaccia il fallimento perchè è sempre colpa nostra. Ci domandano, ci chiedono, violano la nostra intimità e ispezionano le nostre relazioni come fossero stanze fredde. Per questo siamo rigidi. Se un centesimo delle domande che gli assistenti sociali rivolgono ai loro utenti fosse rivolta dai Giudici a chi comanda, avrebbero già trovato mille miliardi di evasione fiscale. Altro che furbetti. Ma è più facile – per un sistema vigliacco – infierire su chi ha già tanti problemi, spremere dove già è passata la violenza, piuttosto che invertire la rotta…

Trottole. Giriamo da un ufficio all’altro, da un’agenzia ad uno sportello, da una scala a quell’altra e dal piano di sù a quello di giù. Alla ricerca di una risposta, prima di una scadenza, per un’esenzione, per un bonus, per un ticket. Spippoliamo tutto il tempo sul cellulare sempre connessi per non perdere l’occasione giusta, quella di un’esperienza di lavoro un pò più gratificante, o magari solo di un contatto, di un aggancio e di una dritta che ci guidi verso un affare. Pensiamo di stare andando a caccia di soldi, di lavoro, di compere. Ma in realtà siamo noi le prede di cacciatori che non hanno bisogno di venirci a cercare direttamente, ma che ci mandano i loro aguzzini: lettere, raccomandate, telefonate, messaggi, mail, fino al toc toc dell’ufficiale giudiziario. “Non hai ancora pagato?”. Non sappiamo nemmeno come si chiamano, non li abbiamo mai visti, non li conosciamo. Eppure ci perseguitano. E la nostra fuga la scambiamo per vita, per scelta. Pensiamo di stare per svoltarla, ed invece è solo un altro maledetto corridoio di un labirinto che percorriamo scappando, senza mai sapere dove ci porta. Ma dietro ad ogni angolo scommettiamo ci sia finalmente la destinazione giusta, quella dove fermarsi e ottenere la tanto attesa soluzione.
Siamo soli in questa rincorsa continua di quello che ci fa sopravvivere, male. Ma abbiamo tutti gli stessi due grandi problemi.
Uno: il costo della vita è spropositato rispetto a quello che possiamo pagare. È troppo alto rispetto a quello che guadagniamo. Ci dicono quindi di rinunciare a comprare quelle merci se non siamo in grado di pagarle. E di accontentarci di quelle peggiori o di fare senza. Ma questo non ci va bene. Perchè a noi ci serve una casa con una stanza in più per dare una camera ai nostri figli. Ci serve la macchina perchè ci devo andare a lavoro. Ci serve la luce, l’acqua, il gas perchè dobbiamo scaldarci, lavarci, cucinare. Ci serve la spesa, perchè vogliamo mangiare e comprare i pannolini. Ci servono i servizi perchè non possiamo lasciare soli i nostri vecchi o i nostri bambini.
Due: i nostri stipendi, le nostre buste paga, il nostro reddito è insufficiente per pagare tutto quello che è necessario a vivere decentemente. Lavorare duro, lavorare sempre. Dare la propria disponibilità in ogni occasione. Camuffare i propri sentimenti e i propri interessi, dietro maschere di opportunismo. Evitare di perdere tempo, dormire poco, riposarsi nulla. Obbedire ed essere fedeli a regole di cui non capiamo fino in fondo il senso. Fare di testa propria, farcela da soli. Eppure tutto ciò non basta: rimaniamo schiavi di un vortice che ci trascina sopra e sotto il livello dell’umore, al ritmo dei soldi che incassiamo e che subito spendiamo. Spremuti e buttati via come un esta-thè da avidi consumatori assetati del nostro tempo e della nostra gratitudine. Tutto questo, a quale prezzo? Nemmeno quello che ci basta per rialzarsi la mattina con le stesse illusioni del giorno prima. Dicono siamo senza futuro, ma è una bugia. E’ troppo scontato quale sarà il nostro faticoso avvenire nella catena della riproduzione quotidiana. Sfiniti, usurati, annoiati e senza alcuna base su cui poggiare con sicurezza la propria vita. Alla mercé di chiunque ci offra una qualche speranza. E’ il presente che ci stanno levando. La soddisfazione di costruirci qualcosa di nostro.

A morsi. Al principio di questa nostra grande fatica e grande frustrazione del vivere c’è il rendere scarso quello che in realtà è abbondante. Per trattenerlo nelle solite mani. Per investirlo solo dove rende. Perciò i supermercati distruggono merci in abbondanza, le case sono a migliaia vuote, i servizi gratuiti vengono ridotti, i centri per l’impieghi scoppiano di disoccupati. Non perchè non ci siano soldi, alloggi o lavoro. Ma perchè devono impedire che ci sia una distribuzione dei guadagni, degli utili, delle risorse. Devono guadagnare sempre i soliti stronzi. I soliti privilegiati. I soliti che già hanno industrie, società, grandi imprese. Quelli che noi non vediamo mai dal vivo. E per fare questo ci privano di informazioni importanti, di conoscenze preziose. Per impedirci di accedere a quello che abbiamo bisogno. Perchè se in tanti sapessimo come e dove trovarle, LORO ne avrebbero di meno. Dovrebbero rinunciare ad una vacanza in più. Oppure dovrebbero semplicemente pensare di più a noi. Ma non c’è umanità né compassione per chi vive come una macchina da soldi. Per LORO noi siamo solo numeri, gli interessiamo solo come caselle da sbarrare per raggiungere i loro obiettivi.

E’ questa politica a favore solo dei ricchi che contestiamo. Quando uno è ridotto alla fame è costretto ad affrontare le cose a morsi. Se ci trattano male quando chiediamo “perchè?”, se non ci avvertono quando c’è una cosa che ci interessa, se non ci rispettano né ci considerano quando solleviamo un problema, tutto questo è il modo in cui funzionano le loro cose. Ci vogliono far passare come gente inaffidabile, che non sa rispettare le regole. Ma il problema non siamo noi, sono le regole che non sono giuste e che vanno cambiate. Vogliamo pagare in base a quello che si guadagna. E per fare questo tocca a noi smettere di comportarci come vogliono. Tocca a noi proteggere ciò che c’è di più caro, conquistando le risorse di cui abbiamo bisogno. CHIEDIAMOLE INSIEME.

Chiediamo insieme le case alle agenzie e ai padroni che non ce le vogliono affittare perchè abbiamo figli, perchè siamo giovani, perchè siamo stranieri, perchè siamo ragazze madri, perchè abbiamo “problemi”.
Chiediamo insieme delle case popolari a norma, invece di stare stretti, scomodi, ammalati in delle case ammuffite.
Chiediamo insieme una spesa dignitosa a dei prezzi più bassi, invece che gli scarti avanzati dei supermercati.
Chiediamo insieme le esenzioni per quei servizi che non possiamo più pagare, come le assistenze domiciliari, i centri educativi, i centri per anziani, invece che impazzire correndo dietro a un’emergenza all’altra.
Chiediamo insieme i contributi, gli assegni sociali, i sussidi per pagare le assicurazioni scadute, i corsi per la patente, le spese per sistemarsi i denti.
Chiediamo insieme come funziona il reddito di cittadinanza, senza subire i mille ostacoli per ottenerlo.

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