Esiste un problema sicurezza in ferrovia? Intervista a Riccardo Antonini

Pubblichiamo di seguito un’interessante intervista a Riccardo Antonini, ferroviere licenziato nel 2011 per aver offerto consulenza ai familiari delle vittime della strage di Viareggio, tratta dal sito Il Tafferuglio.

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Abbiamo deciso di realizzare questa intervista in seguito al terribile incidente ferroviario verificatosi fra Andria e Corato, dove lo scontro tra due treni su una tratta a binario unico ha provocato la morte di 23 persone ed oltre 50 feriti, tra ferrovieri e viaggiatori. Vorremmo in particolare mettere in luce come incidenti simili non siano riconducibili ad errori umani o a circostanze occasionali. C’è invece una serie di fattori (dal taglio del personale, alla riduzione delle spese per la sicurezza e la manutenzione, fino alla profonda disparità di investimento tra le linee ad Alta velocità e quelle destinate ai treni regionali e al trasporto pendolare) che, sommati, costituiscono un problema strutturale delle nostre ferrovie: il problema della sicurezza.

Riccardo Antonini ha lavorato per 34 anni nelle ferrovie ed è stato licenziato da Fs il 7 novembre 2011, per aver offerto gratuitamente la propria consulenza ai familiari delle Vittime della strage di Viareggio del 29 giugno 2009 (in cui persero la vita 32 persone), nell’ambito del processo che è tuttora in corso. Riccardo inoltre fa parte de “Il Sindacato è un’altra cosa – Opposizione Cgil” e di Assemblea 29 giugno, da sempre in prima linea nell’azione di denuncia del problema sicurezza, e di solidarietà verso i lavoratori che subiscono la repressione dell’azienda.

1)E’ opportuno partire dall’ultimo incidente che ha riportato il problema della sicurezza in ferrovia all’attenzione dell’opinione pubblica. Dall’incidente di Crevalcore del 2005 (17 morti e  diversi feriti per lo scontro tra un treno merci e un interregionale sulla linea Bologna-Verona a binario unico), passando per Viareggio, il tributo di sangue che ferrovieri, viaggiatori o cittadini continuano a versare sui binari delle ferrovie italiane non accenna a diminuire. Anche in questo caso, siamo di fronte ad una strage annunciata? Se un errore umano c’è stato, è forse giustificabile, nel 2016, con le moderne tecnologie che abbiamo, che questo possa produrre una simile catastrofe?

In questi anni, purtroppo abbiamo assistito ad incidenti gravissimi trasformatisi in disastri ferroviari che hanno provocato stragi con decine e decine di morti. Ne ricordo solo alcuni: Piacenza, Rometta Marea, Crevalcore, Viareggio, Val Venosta. Ma la perdita di vite umane si è avuta anche tra ferrovieri e lavoratori delle ditte. Solo negli anni della gestione Moretti (2006-2014) da Ad della Holding Fs, sui binari sono morti 56 lavoratori. Una statistica tragicamente impressionante …

Perché definiamo queste stragi annunciate? Per il semplice motivo che sono figlie di processi di ristrutturazione, liberalizzazione, privatizzazione, societarizzazione, di questi anni. Processi istituiti sull’altare del profitto, del mercato, del “dio danaro”. Questo è il principale “errore disumano”. Il vero “errore umano” è non ribellarsi a questo stato di cose. La tecnologia deve essere al servizio dei viaggiatori, dei pendolari, per la sicurezza, la saluta, la vita della collettività.

2)Parliamo della strage di Viareggio del 29 giugno 2009. Cosa accadde quella notte?

Quella notte è accaduta una tragedia immane, non certo uno “spiacevolissimo episodio” come l’ha definita il “cavalier” Moretti. Un treno merci con 14 cisterne piene di Gpl è deragliato nella stazione di Viareggio a causa della rottura di una sala montata. Una cisterna si è forata, è fuoriuscito il Gpl che dopo alcuni minuti è esploso, bruciando bambini, ragazze, uomini e donne, ferendone alcuni in modo gravissimo e distruggendo un’intera strada. Questa strage annunciata è frutto della mancanza di manutenzione, di controlli e verifiche, oltre al fatto di aver violato norme fondamentali per la sicurezza ferroviaria.

3)A che punto è il processo che si sta svolgendo presso il Tribunale di Lucca?

Il processo, iniziato il 13 novembre 2013, è in corso. Siamo ad oltre 100 udienze. La sentenza di 1° grado è prevista in autunno. Siamo di fronte ad un processo semplice e complicato. Semplice perché le responsabilità sono fin troppo chiare, complicato perché sul banco degli imputati siedono poteri forti. Oltre al fatto che è presente il rischio della prescrizione, cioè la cancellazione di reati come “lesioni gravi e gravissime” ed “incendio colposo”, come dire che quelle ragazze, quei bambini, non sono bruciati vivi, ma deceduti per altra causa. Comunque, la mobilitazione ha fatto la sua parte anche per quanto riguarda l’aula giudiziaria, chiarendo ancora di più che quanto scritto in ogni aula “La legge è uguale per tutti” non risponde a verità perché non tutti sono uguali di fronte alla legge.

4)In seguito a quel luttuoso evento di sette anni fa, ferrovieri e familiari delle vittime, i primi riunitisi nell’Assemblea 29 giugno, i secondi nell’Associazione “Il mondo che vorrei”, si sono meritoriamente impegnati nel costante tentativo di mantenere vivo l’azione di denuncia e di mobilitazione sulla questione della sicurezza in ferrovia. Qual è il bilancio di questi sette anni?

Il bilancio di questi 7 anni ininterrotti di mobilitazione, di lotta, di denuncia, è decisamente positivo anche se con alcune ombre: i prezzi che abbiamo pagato e in alcune circostanze, l’inattività per timore di penalizzare la battaglia su verità, giustizia, sicurezza. Grandi risultati come: – la “legge Viareggio”, – imputati eccellenti sotto processo, – la costituzione di parte civile di familiari e di Rls delle ferrovie, – il Coordinamento dei Comitati e delle Associazioni, – “Assemblea 29 giugno” protagonista attiva, attraverso la solidarietà, l’unità, la lotta, l’organizzazione, di questa straordinaria mobilitazione.

5)Esistono delle responsabilità politiche e istituzionali in merito al perdurare del problema sicurezza in ferrovia? Tra le denunce più ricorrenti che portate avanti, c’è la promozione dell’ex amministratore di Fs Mauro Moretti ai vertici di Finmeccanica, dopo che l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo aveva nominato cavaliere del lavoro.

Le responsabilità della politica sono assolute attraverso i processi appena descritti. Ma esistono anche rispetto alla “difesa” dei suoi imputati. Per esempio il caso del principale e più importante imputato, Mauro Moretti. Negli anni dopo la strage è stato nominato cavaliere del lavoro (?) dal presidente della Repubblica, Napolitano, rinominato Ad della holding Fs dai governi Berlusconi e Letta, promosso Ad di Finmeccanica dal governo Renzi e dulcis in fundo, lo Stato non si è costituito nel processo accettando i risarcimenti delle assicurazioni. La politica ha già assolto il cav. Moretti.

6)Riportando la questione sicurezza su un piano più generale, secondo te le ferrovie italiane sono oggi più o meno sicure rispetto a 20 anni fa? Che cosa è cambiato in questi ultimi due decenni?

I processi di liberalizzazione e privatizzazione, la cancellazione di norme sulla sicurezza, l’assenza di nuove norme rispetto alle trasformazioni della struttura ferroviaria e delle tecnologie, hanno fatto sì che le ferrovie fossero meno sicure rispetto a 20-25 anni fa. Un solo esempio dà la misura di ciò: dal 1955 al 1985 in incidenti ferroviari, hanno perso la vita 7 macchinisti (per rimanere a questa qualifica), negli stessi 30 anni, dal 1985 ad oggi i macchinisti morti sono stati oltre cinquanta!

Quando qualche “prezzolato” scrive che in Germania vi sono più incidenti e morti che in Italia, non può sostenere che le nostre ferrovie sono le più sicure, perché di fronte a disastri come Viareggio e quello in Puglia, dovrebbero almeno l’onestà di dire che le “nostre” sono le meno insicure.

7)L’ultimo incidente si è verificato su una linea gestita da una compagnia di trasporti privata. Esistono delle differenze in materia di sicurezza e di controlli tra il trasporto pubblico e quello privato. Se sì quali?

Possiamo fare una distinzione fra trasporto ferroviario del Gruppo Fs che comprende l’infrastruttura gestita da Rfi e l’impresa di trasporto Trenitalia e altre imprese di trasporto private (circa 32) i cui mezzi circolano sulla rete di Rfi, e “pezzi” di ferrovia completamente privati o con partecipazione e controllo di enti come le Regioni (ferrovie concesse).
Queste ultime, comprese le Ferrovie del Nord barese, esulano dai controlli e dalle prescrizioni a cui è sottoposta Rfi e le imprese di trasporto che utilizzano quella rete, anche dal controllo di Ansf (Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria), e sono invece di competenza dell’Ustif, organo del Ministero dei Trasporti, compresi collaudi, autorizzazioni e i controlli periodici! Si dice che esercitano in “deroga” alle norme esistenti di sicurezza, quindi in deroga alla garanzia di incolumità per i pendolari?

8)Esiste una correlazione tra l’aumento del rischio incidenti sui binari e i tagli al personale e ai servizi di manutenzione?

Si, è scientifica. Per quanto abbiamo detto sopra. Oltre ai disastri e alle tragedie sopracitate, non si contano i mancati incidenti, i mancati infortuni, che solo per caso e per buona sorte non hanno causato feriti e morti. In questi ultimi 20 anni i processi sopra accennati, oltre ai processi di esternalizzazione, con riduzione di decine e decine di migliaia di addetti interni, sono marciati a ritmo sempre più veloce. Le officine di manutenzione dei rotabili, le Officine Grandi Riparazioni (OGR), sono state chiuse e la manutenzione affidata ai privati. Sulle linee la manutenzione dei binari è affidata a ditte di appalto e subappalto, con i criteri della riduzione dei costi e del supersfruttamento ai quali obbediscono.
La tecnologia è sì avanzata, ma è applicata solo in parte (si pensi al meccanismo “antisvio” che esiste da anni, mai montato sui treni italiani: se il treno merci di Viareggio ne fosse stato dotato, il disastro del 29 giugno 2009 avrebbe avuto esiti ben diversi), e quando è applicata ha l’obiettivo di eliminare operatori: il telecomando della linea, delle stazioni, ecc., ha determinato la desertificazione delle linee e delle stazioni, il Sistema di Controllo della Marcia del Treno (SCMT) ha determinato il passaggio dai due macchinisti, al macchinista unico alla guida dei treni.

9)La tua vicenda, e quella di altri tuoi colleghi, pare indicare che il tema sicurezza in ferrovia resta un argomento tabù, e che i lavoratori che lo sollevano rischiano di incorrere in sanzioni, fino addirittura al licenziamento. Possiamo parlare, all’interno del gruppo FS, di una vera e propria repressione dei lavoratori che dissentono e che vogliono denunciare i rischi dovuti alle scelte dell’azienda?

Possiamo dire che il tema sicurezza non resta, ma diventa sempre più un argomento tabù. Chi pone il problema e si schiera incondizionatamente in sua difesa, ha vita difficilissima. Tanti lavoratori non abbassano la testa, pretendono il rispetto delle norme di sicurezza, nonostante vengano colpiti da provvedimenti disciplinari (in ferrovia sono migliaia), fino alle sospensione e al licenziamento. Il tema sicurezza è un tabù in ferrovia come nel resto delle aziende, poiché fare sicurezza costa ed è in antitesi con gli obiettivi del massimo profitto e massima riduzione dei costi propria di questo sistema capitalista.

10)Da questo punto di vista, i lavoratori delle ferrovie come si organizzano per rispondere a questo attacco?

I ferrovieri promuovono vertenze, forme comportamentali e scioperi. Dal 2006, a partire dalla lotta per la riassunzione di Dante De Angelis, dopo il suo primo licenziamento, i ferrovieri hanno costituito una cassa di resistenza, la “Cassa di solidarietà tra ferrovieri”, che da allora sostiene i colleghi perseguiti e licenziati per aver difeso la sicurezza, in particolare, ma non solo, provvedendo alle spese legali per permettere loro di sostenere i costosissimi ricorsi legali. Alla Cassa partecipano tanti ferrovieri con la quota di 5 euro al mese; lavoratori e cittadini la sostengono con sottoscrizioni. Quando sono stato licenziato, i delegati Fiom Rsu della “Fabio Perini”, azienda metalmeccanica di Lucca, hanno effettuato un primo versamento di 600 euro per la Cassa, e successivamente un altro di 500. Familiari delle Vittime della strage di Viareggio, a più riprese, la sostengono.
Il passo avanti necessario è che il movimento dei ferrovieri comprenda e faccia comprendere che la difesa dei colleghi licenziati deve essere obiettivo prioritario, poiché vengono colpiti proprio per il loro essere la garanzia più preziosa per tutti gli altri lavoratori. Se permettiamo che si realizzi il distacco, la separazione dal collettivo dei lavoratori, siamo tutti di gran lunga più deboli ed esposti all’attacco delle controparti.

11)Negli ultimi anni il settore dei trasporti ferroviari è stato uno di quelli dove si sono svolti più scioperi, con un forte protagonismo dei sindacati di base. Nell’ultimo sciopero nazionale del 23-24 giugno, che ha visto un’altissima adesione, hanno incrociato le braccia anche i macchinisti di Frecciarossa. Quali sono le principali rivendicazioni che portano i ferrovieri a scioperare?

Le rivendicazioni riguardano le norme e la sicurezza sul lavoro, il No alla privatizzazione e agli scorpori (come il settore Cargo), l’opposizione al Jobs Act, alla Legge Fornero che allunga di 9 anni l’età pensionabile dei ferrovieri (un macchinista guiderà il treno da solo fino ad oltre 67 anni), contro il testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 e per la democrazia sindacale. Poi si è aggiunto il rifiuto dei peggioramenti per il prossimo imminente contratto e, anzi, la richiesta di miglioramenti rispetto a ritmi ed orari ormai insostenibili.
E’ l’unica categoria, quella dei ferrovieri, che ha costruito una vertenza nazionale promossa dal sindacalismo di base, su questi temi. Una vertenza che continua. L’ultimo sciopero si è svolto il 15 luglio, dalle 14 alle 18, indetto improvvisamente a seguito della strage in Puglia. Come si vede, i contenuti sono quelli che compongono la sicurezza del trasporto. Rivendicazioni finalizzate ad evitare situazioni che hanno prodotto i disastri come quello in Puglia.

12)Che rapporto avete con i gruppi e i comitati pendolari?

Parliamo del sindacalismo di base. Purtroppo insufficienti. Abbiamo a più riprese tentato di  rafforzare i rapporti con i comitati pendolari, e in qualche caso abbiamo fatto passi avanti, ma non si è mai consolidato questo importante rapporto. In diverse occasioni abbiamo organizzato presìdi con volantinaggi davanti alle stazioni, ma episodicamente, quando le forze ce lo hanno consentito (siamo tutti attivisti di base, siamo tutti al lavoro, “al pezzo”, non ci è riconosciuta nessuna agibilità sindacale). E questo è un grande limite che dovremo superare: per sviluppare la lotta per la sicurezza, l’alleanza fra ferrovieri e pendolari, tra lavoratori e studenti, è indispensabile.

13)Un’ultima domanda. Negli ultimi 15 anni, in materia di investimenti pubblici nel trasporto ferroviari, c’è stata una fortissima sperequazione nel finanziamento alle linee ad Alta velocità da una parte, e al trasporto regionale destinato ai pendolari dall’altra. Una sperequazione che ha i tratti di una disuguaglianza di classe, dal momento che l’Alta Velocità è usata per lo più dai cittadini più abbienti. Possiamo dire che l’insicurezza e il rischio incidenti dipendono anche da questa condizione di sottofinanziamento dei treni e delle linee regionali, mentre alla realizzazione del Tav (in particolare al contestato progetto che si sta cercando di realizzare in Val di Susa) sono stati dati miliardi?

Diciamo che la soppressione dei treni a lunga percorrenza, dei treni-notte e dei treni Intercity, ha costretto e sta costringendo anche i meno abbienti, con grandi sforzi visti i costi, a utilizzare l’Alta Velocità e a ridurre i viaggi. L’Alta Velocità porta profitti nelle tasche dei privati, sia quando la si costruisce, sia poi quando la si utilizza. Quando “lorsignori” dicono che l’A.V. sposta milioni di persone mostrando indignazione verso chi denuncia gli investimenti a senso unico in quella direzione, occorre ricordare loro che il 75% degli spostamenti nel nostro paese avviene sulle brevi e medie percorrenze, in primis utilizzato dai lavoratori e dagli studenti pendolari: in questo senso la scelta è di classe.