People Mover: il trenino della corruzione

Questa mattina è stata aperta un’indagine dal tribunale di Roma che mira a far luce su atti illeciti di corruzione sulle grandi opere pubbliche: è coinvolta la tratta del Tav (Milano-Genova Terzo Valico), un lotto dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria e il progetto milionario nostrano del People Mover.
Sono 21 gli arresti fatti. Tra questi spicca il nome di Giampiero de Michelis, direttore fino a pochi mesi fa del cantiere del “trenino” che dovrà collegare l’aeroporto Galilei alla stazione centrale di Pisa.

Tutti ormai conoscono questo progetto: il People Mover è una navetta su rotaia tutta automatica, senza conducente, che congiungerà l’aeroporto Galilei con la stazione ferroviaria centrale. Un tratto lungo circa 1,8 Km con tre fermate totali e con un costo previsto inizialmente di 82 milioni di euro, lievitato in corso d’opera. Un’opera ingente che vede come fonti finanziarie un contributo regionale pari a 28 milioni di euro, previsti da fondi europei, e la rimanente parte messa a disposizione dall’Ati (Associazione Temporanea d’Imprese) vincitrice dell’appalto di concessione e gestione. Una concessione del valore complessivo pari a 340 milioni di euro e della durata di 34 anni, che vedrà l’Ati guidata dalla società Leitner, gestire oltre al minimetro anche i due parcheggi scambiatori previsti sull’Aurelia e in via di Goletta con 1400 posti auto totali.
Il costo dell’opera si aggira sui 72 milioni di euro, dei quali 21 provenienti da fondi europei mentre il resto finanziate da alcune banche.

La follia di questa inutile ed assurda opera è stata da sempre percepita da chiunque. Oltre a stravolgere ed a cementificare (ancora) il territorio che già è usurpato e saturato dalle costruzioni di palazzi e altre strutture (eco-mostro Bulgarella, cantiere dell’area Navicelli, porto di Marina), questo trenino andrà a sostituire la vecchia linea ferroviaria che collegava il Galilei alla stazione e la ancora funzionante tratta della linea del trasporto pubblico Lam rossa.

Un’opera milionaria la cui spesa ricadrà in maniera inesorabilmente sulla popolazione. Chi pagherà il debito con le banche? Ovviamente la risposta è scontata. Non a caso durante molte proteste che avvengono nella nostra città il People Mover viene spesso tirato in causa: i soldi di questa opera potevano essere investiti in altri tipi di impiego come la manutenzione per la sicurezza scolastica (almeno due volte al mese gli alunni subiscono incidenti dovuti alla rottura di tetti o infissi); per la ristrutturazione delle tantissime case popolari o edifici pubblici lasciati vuoti a marcire dalle istituzioni e dagli enti gestori (decine di famiglie vengono sfrattate ogni giorno e il recupero di questi edifici potrebbero colmare l’emergenza abitativa) oppure per il rifacimento dei quartieri popolari e della periferia che destano gravi condizioni di invivibilità (cavalcavia insicuri, marciapiedi e strade fatiscenti dove spesso accadono incidenti anche mortali).

Le indagini e gli arresti in diverse regioni d’Italia a dirigenti e ingegneri di società di costruttori di linee ferroviarie e stradali confermano quanto queste opere, spinte da un’idea di progresso ed innovazione, siano considerate grossi affari per chi è immischiato nel “giro”.
Una forma di mobilità sostenibile e differente all’interno di cittadine di medie dimensioni come Pisa è una necessità primaria, ma il problema di un progetto come il PisaMover sta a monte, nel fatto di prevedere e realizzare collegamenti destinati solo a turisti, che pagheranno un biglietto di oltre 3 euro, per una tratta brevissima già coperta attualmente dai trasporti pubblici con una spesa nettamente inferiore. Progetti come questi, destinati soprattutto ai flussi turistici, modificano i quartieri cittadini a causa dei loro tracciati e non hanno ricadute utili per la città, se non per quella parte inserita all’interno dei percorsi valorizzati dalla “città vetrina”. Gli interventi a margine previsti, come la realizzazione di tre rotonde e il riassetto idrologico dell’area di San Giusto, saranno per intero a carico delle società che realizzano i lavori, questo evidenzia come la volontà di occuparsi del territorio da parte di questa amministrazione si traduca nel lasciare che le grandi imprese speculino su ingenti lavori pubblici, in cambio di piccoli interventi di utilità pubblica. Non si può pensare che la messa in sicurezza di un territorio debba essere subordinata agli interessi dei soliti privati, che appartengono alle grandi Holding finanziare e che gestiscono parte delle risorse economiche disponibili, accentrando grandi quantitativi di capitale.

Probabilmente non fanno neanche più molto scalpore queste notizie, tanto che siamo abituati a scandali di corruzione, imprenditori e politici indagati per associazioni a delinquere di vario tipo legate ad appalti, subappalti, tasse non pagate e utilizzo di materiali scadenti (che provocano crolli nelle stesse strutture su cui ci speculano).
Ma tutto ciò non può essere accettato come fatto normale: non possiamo abituarci allo scandalo che viene proclamato puntualmente sui giornali né tanto meno pensare che con l’arresto di qualche noto imprenditore le corruzioni nelle grandi opere scompaiono. Fatto fuori il de Michelis di turno, le speculazioni non finiscono, le grandi opere saranno ultimate ed i costi continueranno a cadere a cascata sulla popolazione.

Quello che rimane da fare è, piuttosto, invertire proprio questa abitudine nell’accettare lo smantellamento dei nostri territori  e le speculazioni che ci vengono fatte ed iniziare a pretendere altri tipi di opere che smettano di far godere ed arricchire sempre gli stessi.
Il NO a Renzi e al Partito Democratico che si sta sviluppando in tutta Italia a poco più di un mese dal referendum costituzionale, può e deve passare anche dal NO a queste grandi opere.

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