Perché a Cascina ha vinto la Lega?

20 giugno 2016. E’ passata la mezzanotte. A Cascina, hinterland di Pisa, il sindaco uscente del Partito Democratico Alessio Antonelli, ha perso al ballottaggio contro la candidata Leghista Susanna Ceccardi. Cascina diventa il primo comune toscano governato dalla Lega nord.

Perché parliamo di Cascina.

Questo Comune di 45mila abitanti è “attaccato” a Pisa ed è il più popoloso dopo il nostro capoluogo. Ma Cascina in questi anni si è trasformato da “paese” con una propria storia, una sua economia (dell’artigianato e del mobilio), una sua cultura politica (da settant’anni è governata ininterrottamente dalla sinistra istituzionale) in un enorme agglomerato urbano periferico di Pisa. La nostra città negli ultimi venti anni ha visto l’espansione dell’Università, dell’ospedale, del turismo, dell’aeroporto. Il centro è diventato un enorme “bar a cielo aperto”. Migliaia di famiglie hanno lasciato la città di Pisa a causa del “costo” troppo alto della vita e sono andate ad abitare nei comuni limitrofi. Proprio Cascina ha visto un’esplosione della bolla immobiliare e chi ha governato nelle Istituzioni – il Pd – ha lasciato devastare il territorio in nome del cemento e del mattone, nell’esclusivo interesse delle grandi imprese. Con la crisi, negli ultimi anni, sono esplose le prime contraddizioni. I redditi di migliaia di famiglie si sono ridotti; nel mentre i mutui, gli affitti, le utenze, il costo dei trasporto sono aumentati. Queste elezioni sono quindi da considerarsi da un punto di vista sociale e del territorio come contraddizioni e sintomi della più grande periferia della cintura urbana di Pisa.

La sconfitta del Sindaco uscente Alessio Antonelli ci dice molto anche sulla crisi del Partito Democratico, che governa la Regione Toscana con Enrico Rossi ed il Governo con Matteo Renzi. Ciò che succede a Cascina nel cambiamento del governo del Territorio incide con quello che avviene a Pisa, sia per enti e organismi provinciali (prefetture, case popolari, società municipalizzate, ASL) coinvolte nel progetto “dell’area metropolitana” pisana, sia perché riflette le dinamiche di vera e propria putrefazione del Partito Democratico, che proprio in Toscana vede manifestarsi le sue opzioni, frazioni, correnti ed ipotesi politiche: da Renzi a Rossi, da Fontanelli a Mazzeo: la sfida dei personaggi “del potere” si è giocata anche attorno a questa campagna elettorale.

Ma soprattutto ci interessa parlare di Cascina perché queste elezioni ci fotografano nitidamente un dato: il malessere, l’insofferenza, le differenze di classe e di interessi, in una parola il conflitto sociale, d’ora in poi non potrà più essere negato, solo usato. La continuità di governo del centrosinistra è stata spezzata, e non di certo perché a Cascina son diventati tutti leghisti. Dietro la vittoria della Lega c’è soprattutto la critica ed il rifiuto del PD, del Governo e delle sue politiche nelle istituzioni. Una critica ambigua catalizzata dalla destra istituzionale ed espressa nell’astensione, ma che si fonda su una crisi materiale della dimensione sociale. Dalla “gestione migranti” ai conflitti economici, passando per la deflagrazione dell’identità di un paese\territorio, l’esito delle elezioni mostra uno scontro su questi nodi della vita sociale. In poche parole la sinistra è morta perché si è identificata come il mantenimento dello status quo. La destra, come il 5 stelle in altre parti d’Italia, ha vinto perché ha interpretato, nei codici razzisti di Salvini, un conflitto sociale esistente.

Analisi del voto. Astensione, schieramenti, ballottaggio.

Per 101 voti ha vinto la candidata della Lega nord Susanna Ceccardi, una fascista riciclata nel volto della compatibilità istituzionale dal progetto di Matteo Salvini.

Su 45 mila abitanti, solo 16mila persone sono andate a votare al ballottaggio: una persona su due non ha votato; e di questa metà chi ha vinto lo ha fatto col 50, 2 per cento. Il non voto è addirittura cresciuto di 4 punti percentuali al ballottaggio. Questo di per se significa che tantissimi non hanno più fiducia nei partiti.

Il Partito Democratico di Cascina si presentava per le rielezione del sindaco uscente con un percorso travagliato che aveva portato durante gli scorsi mesi nel Partito il formarsi di due schieramenti in competizione alle primarie. Il Candidato renziano Paganelli, sostenuto dal vicesegretario regionale Antonio Mazzeo (pisano d’adozione) contro il “vecchio” Antonelli, sostenuto dall’ala di “sinistra” (sic) del Partito, quella che fa a capo ad Enrico Rossi. Competizione persa dai Renziani che poi hanno, nei fatti, indebolito l’ex Sindaco Antonelli. Lo scontro di potere del Partito riflette quello di chi vuole accelerare processi di transizione liquida della cittadina cascinese, a vantaggio del progetto Fiorentino di Pisa, e chi ancora pensa di poter salvaguardare l’involucro delle “tradizioni” del territorio, senza alcun ancoramento alle dinamiche sociali, ma solo a pezzi di clientela.

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Ceccardi sempre sotto scorta quando si trova nel mirino delle contestazioni

Dall’altro lato la candidata Ceccardi ha fatto con la Lega di Salvini quello che non è riuscita a fare a Pisa negli scorsi mesi, né in regione: riunire il centrodestra a sua trazione. Dopo 5 anni da consigliera comunale a Cascina, lo smacco della mancata elezione a consigliera regionale in favore dell’omonimo (Roberto) Salvini, con l’appoggio di pezzi sfasciati di Forza Italia, e delle liste civiche facenti capo al (ex) nuovo centro destra ed a Fratelli d’Italia, ha costituito una coalizione contrapposta al PD ed al suo Sindaco, cavalcando e facendo propria la comunicazione nazionale di Salvini. La Lega nord ha quindi cercato di comporre – contro il “vecchio” potere della Sinistra – una serie eterogenea di bisogni e questioni sociali, facendo leva su un discorso razzista fondato sulla discriminazione degli italiani e dei cascinesi a favore dei profughi e dei migranti, coniugato alla crescita di un rifiuto più complesso di Renzi e del Partito Democratico. Una competizione elettorale che nelle fasi del ballottaggio ha visto due diverse narrazioni scontrarsi: quella del PD che ha addirittura riscoperto ipocritamente il linguaggio della Resistenza, giocata sull’opposizione sinistra\destra (“non lasceremo Cascina in mano ai fascisti”), e quella della Ceccardi, nella immagine di una Davide contro Golia, in lotta per espugnare il più forte e tradizionale blocco di Potere.

Perchè ha perso il PD.

Antonelli ed il PD perdono perché è finita la promessa di “ripresa economica” fatta da Renzi. E’ finito un patto sociale che tramite clientele e consenso, redistribuiva una parte della ricchezza. Perdono perché Renzi ha come principale obiettivo la disarticolazione del legame tra Partito e Territorio, un legame diventato troppo costoso e dispendioso per chi come Renzi ha bisogno di soddisfare le banche, la finanza e i grandi gruppi multinazionali. Questo a Cascina è evidente. Spariscono i mobilifici, e gli stessi ex imprenditori lavorano a partita-iva nelle catene di Ikea, ad un terzo del prezzo. Le banche del territorio (vedi lo scandalo della banca di cascina) si gonfiano di scandali e titoli tossici ed entrano nuovi azionisti a spargere il territorio d’indebitamento. Un comune con la metà degli abitanti di Pisa, di cui la maggior parte a bassissimi salari, si ritrova con un decimo soltanto di patrimonio pubblico di case popolari.

La diffusione dell’ostilità contro il Governo si salda agli scandali ed alla non più possibile mistificazione della realtà da parte del Sindaco uscente. Antonelli, prima di sedere per 5 anni in Comune ha fatto per 5 anni l’Assessore all’urbanistica. Cascina e le sue zone artigianali sono state cementificate ad aperte alle grandi catene commerciali. Il “pubblico”, le “garanzie sociali”, i “sussidi” si sono man mano sgretolate e nel momento della crisi della “bolla” che per anni ha gonfiato Cascina di investimenti e costruzioni, l’unica redistribuzione possibile per la fascia crescente di popolazione col “cappio al collo” è stata quella di una forsennata competizione nei circuiti clientelari degli uffici comunali. Per anni le case popolari sono state gestite ed assegnate in modo oscuro e caotico. Nel 2010 l’assessore alle politiche abitative Lorenzi (di “sinistra”) è stato indagato e sottoposto a misure cautelari per aver assegnato case in cambio di favori sessuali. Nel 2015 un geometra comunale è stato arrestato con una mazzetta di 14 mila euro, per “sanare condoni” di lottizzazioni.

Nel 2014, a fine febbraio, una giovane donna brasiliana, madre di 4 figli, lavoratrice in appalto della mensa universitaria, si toglie la vita a ridosso dell’esecuzione dello sfratto.

Fino a pochi giorni prima era stata negli uffici dei servizi sociali e del comune a scontrarsi per ottenere l’aiuto necessario a non rimanere fuori casa. Le dissero “che non c’erano case”. Questo modo di affrontare i problemi delle persone, ignorandoli, ha fatto di Cascina un comune esplosivo ed ha reso la “sinistra” il bersaglio più odiato da chi paga la crisi.

Quando lo scontro si è materializzato dal 2014 a partire dalla questione sfratti, le Istituzioni Locali hanno soltanto cercato di rinviare i problemi, aspettando che dal governo regionale o centrale arrivassero fondi per “coprire le emergenze”. Troppo tardi! Dalla Regione al Governo tagli, razionalizzazioni, austerità procedono spediti e il sistema di potere comunale, con le sue clientele, le sue abitudini, la sua spocchia, si è corroso. L’odio contro il governo e contro i privilegiati, la paura ed il timore di finire “senza nulla”, il rancore di chi si sente espropriato e non riesce a battersi per ottenere riscatto e giustizia. Nella scelta di “mandare a casa” Antonelli c’è una quantità predominante di questi motivi.

Ma il potere non si disgrega da solo: a Cascina nessuna “forza di sinistra”, sociale, sindacale o altro si è mai opposta all’impoverimento vorticoso della popolazione. Sono stati tutti cooptati da quel sistema istituzionale, e quando non ci sono riusciti si sono marginalizzati cercando di vendersi al miglior offerente. A Cascina il sindacato non ha mai organizzato uno sciopero mentre migliaia di posti lavoro venivano persi. Nessun partito od associazione di sinistra ha mai lottato contro i pignoramenti fatti dalle banche alle case, nessun picchetto è stato organizzato contro gli sfratti o gli slacci della luce. Nessuno occupazione degli uffici dei servizi sociali quando a chi aveva bisogno veniva detto “tornatene in un altro comune” oppure “non ci sono i soldi”. Nessun partito di sinistra si è mai scontrato con la Lega quando i migranti venivano usati come capro espiatorio di un enorme furto collettivo fatto da imprenditori, banche e sistema politico. Solo alcune famiglie sotto sfratto italiane e non, dal 2014 hanno organizzato mutuo soccorso contro la violenza di carabinieri ed ufficiali giudiziari.

Pisa, 14 novembre. Scontri sul lungarno: oltre la polizia la Ceccardi con qualche decina di giovani padani a seguito
Pisa, 14 novembre. Scontri sul lungarno: oltre la polizia la Ceccardi con qualche decina di giovani padani a seguito

Ceccardi – fisionomia di una fascista in carriera.

Chi è emerso è invece una forza razzista che non aveva alcun radicamento significativo nel territorio. E che grazie alla legittimazione istituzionale che Prefetto, media locali e nazionali gli hanno fornito, si è inserita in questo scontro puntando tutto all’avversione esplicita e diretta contro il PD, e sviluppando ogni tensione legata alla questione migranti, spersonalizzati nelle mani della rete dell’accoglienza in appalto ai consorzi di cooperative. La Ceccardi e il suo entourage fatto da carrieristi, sbirri in pensione e borghesi “minacciati” dalla perdita di controllo sul proprio territorio, ha mescolato presenza istituzionale con una “militanza di base”, affiancata alla spasmodica ricerca della presenza on line sui social network. La Lega ha fatto la parte del Leone, non incontrando mai sul territorio cascinese alcuna resistenza ed opposizione effettiva in decine e decine di occasioni.

L’ultima legittimazione l’ha avuta proprio grazie all’opposizione della presenza di venti ragazzi profughi “accolti” dentro un agriturismo, in una piccolissima frazione “contadina” di Cascina. Occasione grazie alla quale ha attaccato direttamente il sindaco a poche settimane dalle elezioni, il quale è riuscito a sottrarsi ad ogni scontro, identificando la propria persona con lo status quo.

La Ceccardi ha agito quindi il conflitto sociale da destra, lo ha rappresentato individuando nemici precisi (Antonelli ed i migranti) e scegliendo le modalità ed i livelli con cui imporre la propria ragione e verità. Ha avuto bisogno di presentarsi come “rivoluzionaria” affinchè potesse entrare nelle Istituzioni e sedersi sulla poltrona.

Da militante fascista giovanile fino a pasionaria contro migranti e centri sociali, la Ceccardi ed il suo gruppo a Pisa hanno sempre preso -come si usa dire – “tante legnate nei denti”. Nell’ultimo anno ha provato a prendere di petto le realtà che ogni giorno si battono contro le politiche del PD raggiungendo il record delle figurette politiche: ha annunciato quattro volte di portare il suo Leader Salvini in città, senza mai riuscirci a causa della “paura” per ordine pubblico. E’ stata respinta da mercati, scuole e quartieri. Ogni volta che deve mettere piedi fuori da Navacchio ha bisogno di camionette, poliziotti e militari. Ha quindi fatto la parte della vittima chiedendo “protezione” per stare in una città in cui mai era stata interpellata. Questa toccata e fuga da Pisa, assieme alla beffa delle elezioni regionali, l’ha fatta ripiegare su Cascina dove ha avuto modo di assumere le sembianze della “leonessa” attaccando le istituzioni e recitando la parte della “rivoluzionaria”.

Lacrime di coccodrillo e nuove possibilità di lotta.

Chi oggi si scandalizza e grida “al lupo al lupo sono arrivati i fascisti” è bene che si confronti con una realtà che già subiva la violenza della crisi. E’ un voto contro il Pd e contro chi governa. L’antifascismo di facciata è ipocrisia… quelli che rimpiangono la sinistra è bene che si confrontino con le dirette responsabilità del Partito Democratico e pensino ad altre modalità fuori dal voto al Partito di Renzi per respingere il leghismo. A Cascina sono tutti fascisti? No davvero, a Cascina manca un’opposizione sociale contro chi è responsabile della crisi. Contro le banche, contro i palazzinari, contro i padroni che licenziano e le istituzioni che privano i cittadini di ogni servizio. La decomposizione del Pd comunale e nazionale e il farsi governo e Istituzione della Lega ha già aperto nuovi spazi per praticarlo.

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