UniPi ai tempi del Covid19 – Parte I: tasse e servizi

Pubblichiamo il primo approfondimento sulla situazione che vivono gli studenti e le studentesse dell’Università di Pisa. Dal lockdown di marzo ad ora sono diverse le problematiche, economiche e formative, a cui la popolazione studentesca (e non solo) ha dovuto far fronte. In un dibattito sui “bisogni essenziali” ai tempi del Covid 19 è imprescindibile ascoltare le voci di chi vive l’Università e la città di Pisa. 

Buona lettura!

 

Quanto costa l’università…?

Il sistema delle tasse universitarie prevede il pagamento di una tassa regionale di 140 €+ 200 € a settembre, in caso di prima iscrizione, di un bollo di 16 euro. Per gli studenti iscritti ad anni successivi è previsto un “contributo minimo” che va da 0,00 euro ad un massimo di 270 euro, a seconda della propria posizione di regolarità che dipende dalla quantità di crediti acquisiti; dunque “i fuori corso” sono tenuti a pagare una tassa maggiorata. Si possono chiedere delle riduzioni per merito o per reddito. La richiesta va presentata insieme all’attestazione ISEE rilasciata dall’INPS dal 23 settembre al 31 dicembre, con indennità di mora se l’iscrizione avviene dopo il 30 settembre. Se viene presentata l’iscrizione dal 1 gennaio al 15 maggio, lo studente è tenuto  pagare una mora di 300 euro. Questa breve carrellata di numeri, non solo deve fare confondere, ma deve anche già abituare gli studenti e le studentesse ad una burocrazia infinita e a un pagamento perpetuo e sempre da tenere sotto controllo attraverso mail, sotto-mail e siti vari.

L’ammontare massimo dei contributi universitari da versare durante l’anno è suddiviso in quattro rate, con le rispettive scadenze. Il sistema delle scadenze prevede che la prima rata, unita a quella regionale, vada versata entro il 30 settembre, “il contributo minimo” entro il 31 gennaio, la seconda entro il 16 marzo, la terza  entro il 30 maggio e la quarta entro il 31 luglio. Se il pagamento non viene versato entro tali scadenze  è prevista una mora che varia a seconda del tempo di ritardo: durante il primo mese di ritardo la mora è di 50 euro, dopo il primo mese di 100 e allo scadere del secondo mese di 150 euro. Gli esami sostenuti senza essere in regola con il pagamento delle rate sono sospesi, e viene inviata una e-mail allo studente con scritto la data entro cui pagare per non incorrere nell’annullamento definitivo dell’esame, che avviene dopo 45 giorni dalla data in cui si è sostenuto. Pagare, pagare, pagare. Prima della propria formazione viene il soldo, se non sei in regola, se sgarri, se non sei dentro i parametri, tra l’altro imposti, perdi la corsa, l’esame indispensabile che ti blocca gli altri corsi, l’ultimo per laurearti non contano. Non importa se stai male, non importa se hai avuto problemi, scossoni incontrollabili, all’università non interessa, contano solo gli zeri nei bonifici:

… e per cosa si paga?

Questo sistema di pagamento è a fronte dei servizi che l’università offre allo studente: i corsi tenuti dai docenti, laboratori didattici, i luoghi fisici dove poter seguire le lezioni, un servizio di prestito libri, aule studio dove poter studiare e altri servizi. Tutti gli spazi universitari dovrebbero essere  gestiti nel rispetto delle norme igienico sanitarie e possiedono una rete internet gratuita per gli studenti. Però lo sappiamo, è un segreto che si dice sempre a bassa voce, ma è verità: dove vanno a finire i nostri soldi? i cessi non funzionano, le aule sono poche e strette, la sedia cigola, il prof è lontano lontano, non si vede…come non si vede il senso di stare in questo pollaio, così poco a misura di studente e di studentessa. Finisce lezione e ci si ritrova in un’ altro pollaio, la mensa, torni a casa e il pollaio è anche il tuo treno o il tuo studentato. Ma forse i polli siamo noi a continuare a subire tutto questo?

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Università virtuale o assente?

Durante la crisi pandemica tutt’ora corrente e in seguito al lockdown totale,  l’ateneo pisano ha interrotto la didattica in presenza, il prestito libri, e chiuso le aule studio. Per le necessità dovute al distanziamento sociale, agli studenti e alle studentesse è stato interdetto l’accesso alla maggior parte dei servizi, mentre la didattica è continuata in maniera telematica attraverso piattaforme quali Teams o Meet, che hanno permesso di continuare a sostenere gli esami. Milioni e milioni spesi per fare questi accordi, chi ha voglia adesso tra prof e amministrazione di fare ripartire quando è così comodo scaricare tutto su una buona connessione e da una stanza adeguata; che frega agli altri se tuo fratello ti chiama per una mano con i compiti o è il tuo turno di lavare il bagno. L’importante è andare avanti, andare avan…. ops è caduta la linea, è caduta la voglia di continuare in questa situazione.  È stata una soluzione tempestiva e necessaria dato lo stato di emergenza  della  situazione, ma forse è proprio questo il punto: l’università prima della pandemia era un grande merda, ma almeno c’erano dei vuoti, dei punti ciechi, in cui tutti e tutte noi un modo lo trovavamo per andare avanti: una pausa sigaretta, una nuova conoscenza, un ripasso collettivo…ma adesso? Il vuoto emotivo ed esistenziale per andare avanti. Pensate ad una matricola…ehi ti va se andiamo a prendere un caffè?…anche qui è saltata la linea.

Nonostante l’estate e la progressiva conoscenza dell’andamento epidemiologico abbiano offerto le occasioni per fare delle riaperture prudenti e ragionate, come è successo in tanti altri settori, l’università ha deciso di fare cassa, tenere i soldi al calduccio, scaricare tutti a casa studenti e studentesse, lavoratori e lavoratrici. verso la metà di giugno gli esami di maturità si sono tenuti in presenza,mentre per l’università gli esami hanno continuato ad essere in modalità telematica per tutta l’estate. Anche le lauree non hanno potuto riprendere in presenza e molti tirocini sono stati fatti nella medesima modalità; per alcune facoltà a numero chiuso, infine, si è deciso di non effettuare il test di ingresso preferendo  fare una graduatoria sulla base del voto di maturità. Con il tuo 70 non solo non entri alle poste, ma neanche nel corso che ti piaceva, che ti faceva dire” finalmente posso studiare quello che mi interessa”. E invece… anche qui è caduta la linea, la linea di un futuro e un’esistenza migliori. Ci sono tanti altri esempi di come la dirigenza dell’ateneo non sia riuscita a gestire il momento di crisi…

Così parlò Mancarella!

cua4Ci si potrebbe interrogare sui motivi:  mancanza di organizzazione e gestione degli spazi oppure mancanza di volontà politica? È stato mantenuto in piedi l’impianto di esamificio, ma la baracca sta affondando lentamente.

Dall’inizio della pandemia, se i servizi che l’università dovrebbe garantire agli studenti e alle studentesse sono diminuiti drasticamente, lo stesso non si può dire per le tasse. Dal 7 marzo ad adesso, le modifiche sulle rate da versare consistono in una posticipazione della scadenza di circa due settimane per ogni rata e il dimezzamento dell’indennità di mora applicata al ritardo dell’iscrizione dopo il 1 gennaio. Di fatto gli studenti continuano a pagare come se stessero usufruendo dei servizi che l’università aveva garantito fino al 4 marzo. Ancor più grave è stata la (non) gestione degli spazi universitari  dopo il lockdown, in pieno periodo di sessione, in cui è elevata la richiesta di luoghi idonei allo studio (che non sempre le abitazioni personali possono garantire):tutto è rimasto chiuso. Gli studenti si dovevano accontentare di studiare nei giardini pubblici e nei caffè ma era loro interdetto l’accesso alle aule studio all’aperto, che potenzialmente sarebbero potute essere aperte in sicurezza come qualsiasi altro luogo della città. Ma si sa il verde e il caldo sono deleteri per lo studio, fa proliferare vari virus, tra i quali quello dell’organizzazione. Questa dinamica paradossale ha sollevato le contestazioni legittime degli studenti, che hanno deciso di occupare per protesta il giardino della biblioteca di filosofia, rispettando tutte le norme di sicurezza.  Questo per far capire alla dirigenza che era possibile riaprire gli spazi universitari all’aperto, anzi  che era d’obbligo farlo. Dopo due settimane di occupazione il Rettore Mancarella non ha più potuto ignorare la situazione e ha deciso di porre rimedio alle sue mancanze gestionali aprendo quattro aule studio all’aperto a cui gli studenti potevano accedere su prenotazione attraverso la pagina internet. Ancora una volta chi ha la connessione più veloce vince, chi si sveglia prima vince, altre regole di cui tu non sei partecipe, sei solo succube. Error sessione piena, ritenta sarai più fortunato o più fortunata. I posti nelle aule studio sono risultati   tuttavia insufficienti, visto che gli unici luoghi accessibili erano : l’aula studio Pacinotti con 150 posti, il giardino dei Salesiani con 60 posti,  il giardino di veterinaria con 60 e chimica con 30 posti per un totale di 300, rispetto a 50.000 studenti iscritti. Inoltre questi luoghi non sono stati forniti di accesso all’elettricità rendendo impossibile studiare con il computer, strumento che tanti studenti usano come supporto alla preparazione dell’esame e che è stato reso indispensabile dalle nuove modalità didattiche.

#andràtuttouguale

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La piccola e parziale “riapertura” è avvenuta  intorno a fine luglio, molto in ritardo rispetto alle esigenze, per essere poi  sospesa presto per la interruzione d’agosto. Durante l’occupazione sono state inviate delle richieste ben precise al rettore che tuttavia sono state rispedite al mittente.

Da marzo la componente studentesca non ha più un ateneo a cui far riferimento pur continuando a versare lo stesso contributo annuo. A settembre la situazione non è cambiata: tutti i poli ancora chiusi, difficoltà ad accedere ai tirocini, insufficienti posti studi all’aperto, nemmeno un piano per aprire delle aule studio al chiuso in vista dell’inverno, smartworking per le segreterie e maggior parte degli uffici amministrativi, cassa integrazione per il lavoratori delle imprese di pulizie, didattica, esami e lauree in modalità telematica. Un’università fantasma, nell’etere che invia solo email e notifiche di un rettore bugiardo che non a cuore questa università e che intima agli studenti e alle studentesse di stare calmi, andrá tutto bene…ma in fondo all’arcobaleno non c’è una pentola d’oro, ma tanta rabbia e frustrazione contro chi parla e decide sulle nostre vite. Per denunciare la situazione a inizio settembre gli studenti sono andati sotto il rettorato, per cercare una comunicazione e delle risposte alle varie problematiche, dovute  a gravi negligenze da parte della dirigenza. Il dialogo diretto con il rettore non è stato propositivo ed è stata ribadita la ferma intenzione di proseguire sulla medesima linea. La soluzione è pagare.

Tuttavia, dopo un’altra manifestazione al rettorato il 25 settembre,  sono state concesse tre aule studio al chiuso, per un totale di 148 posti (52 posti al polo Piagge, 40 al polo Porta Nuova, 56 posti nell’aula studio Pacinotti) In tutto, considerando anche i posti all’aperto, sempre meno utilizzabili, sono 500 posti… Il gesto del Rettore sembra più un contentino che altro, dal momento che l’università potrebbe mettere a disposizione molti più spazi in cui studiare e seguire le lezioni telematiche nel rispetto delle norme di sicurezza, permettendo di usufruire di elettricità, riscaldamento, rete internet e servizi igienici (per cui gli studenti pagano!) E invece che aprire aule, chiama tanta polizia, Digos e celere… forse sono i nuovi tutor d’aula?. Per fare degli esempi, ci sono molte aule che contano più di 100 posti che potrebbero essere aperte in sicurezza con l’impiego di più personale per controllare e sanificare l’ambiente); aule che hanno due e a volte tre ingressi, come quelle al polo Carmignani o al nuovo polo san Rossore. Va ricordato, inoltre, che altre università hanno scelto un’altra linea: a Firenze e a Bologna hanno addirittura messo la possibilità per gli studenti di poter seguire le lezioni in presenza e per chi preferisce, in modalità telematica.

Se il rettore ha deciso di tenere la linea dura dell’università totalmente chiusa almeno sia coerente e riduca significativamente le tasse!

Purtroppo anche su questo fronte le nuove modifiche sono prive di una significativa svolta. I disagi dell’emergenza vengono fatti pagare agli studenti, in particolare per i fuoricorso ogni rata è stata aumentata di una quota che arriva fino a 200€.

Dal quadro descritto emerge una dinamica grottesca della gestione dell’ateneo pisano che necessita di una svolta.

Le criticità di questa gestione risultano lampanti nell’agire di Mancarella, senz’altro incapace di cogliere le falle di un’organizzazione fondata su un apparato burocratico che non solo trascura una moltitudine di bisogni, ma non riesce neanche ad approcciarsi alla situazione di emergenza che l’ateneo sta attraversando.

Significativa è stata la discussione avvenuta tra uno studente e il rettore, il quale sosteneva che l’ISEE del 2019 fosse adatto a descrivere la condizione economica dello studente a luglio 2020. Come se la pandemia non potesse aver influito sulle entrate delle famiglie degli studenti o su quelle degli studenti stessi!

È caduta la linea.

Intanto i contagi salgono, la situazione peggiora, eppure le decisioni locali e governative vanno nella direzione di evitare un lockdown, di non chiudere tutto, di cercare farraginosamente di tenere su la baracca: locali, ristoranti, posti di lavoro, supermercati, cinema, sport.. Verrebbe da chiedersi cosa il rettore intenda per biblioteche o aule studio, se pensa che possano provocare più contagi di una fabbrica, un OVS o un bar. Si può continuare a vivere, a fare di tutto, ma non studiare, fermi in un posto, avendo accesso a un diritto, tra l’altro profumatamente pagato…
La rabbia sale, il disagio anche. Pretendiamo ciò che ci spetta!

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