ZERO NOSTALGIA: BREAK NOW – BREAK MIRROR

Ieri mattina un gruppo di giovani, studenti e studentesse Unipi e dei licei hanno rioccupato l’aula studio Break Now denunciando la mancanza di spazi in cui studiare e poter socializzare in sicurezza e criticando la mala gestione pandemica negli istituti formativi. Nel pomeriggio una grande assemblea ha animato l’aula studio all’aperto in cui studenti e studentesse si sono confrontate e hanno condiviso le difficoltà nell’affrontare le criticità che la pandemia ha accentuato nel mondo della formazione.

Di seguito il comunicato della rioccupazione di Break Now :

 

” 5 anni fa come studenti e studentesse, mossi da un bisogno comune di uno spazio in cui studiare, fare una pausa tra le lezioni o rompere la vecchia routine, abbiamo occupato un’aula tra economia e agraria: Break Now. 

Break non solo come pausa da dei ritmi folli per una manciata di crediti, ma anche una rottura da certi ingranaggi di violenza dell’università e pure dell’alienazione da schermi e piattaforme che stiamo vivendo in questi mesi.

Oggi, dopo la chiusura di soppiatto dello spazio sfruttando la situazione pandemica, lo abbiamo riaperto. WhatsApp Image 2021-05-19 at 11.20.18 (1)

 

Perché l’abbiamo fatto?

 

Se vuoi studiare in compagnia, magari preparare un esame in gruppo è indispensabile parlare e nelle biblioteche e aule studio è vietato.

Molte aule di lezione, che magari restano inutilizzate per qualche ora durante la giornata, rimangono chiuse.

Si vogliono scambiare quattro chiacchiere con il compagno di corso? Non c’è tempo, non c’è spazio. Si vogliono scambiare appunti e libri? Non c’è tempo, non c’è spazio.

Troppa pressione, troppo controllo. Tutto questo ci sta stretto. La vita corre frenetica: lezione, caffè, pranzo al volo.

Queste erano le parole del primo comunicato di Break Now, oggi più che mai sono ragionamenti validi, attuali, bisogni primari per non continuare a soffrire. 

Da anni l’università non ci porta altro che stress, paranoia e tanta sofferenza. Per cosa? Un pezzo di carta in un mondo che sta bruciando. Vi riponiamo numerose speranze, numerose voglie, numerose energie che spesso e irrimediabilmente vengono disattese e calpestate.

Oggi in pandemia tutto questo è esploso. Non è nostalgia, anzi tutt’altro, non ci mancano aule piccole e sgangherate, non ci mancano i tempi folli di lezione-pranzo al volo-ritorno a casa repeat.
Non ci mancano delle lezioni vecchie, tremendamente obsolete e al di fuori dalla realtà…

Sorpresa! Il virtuale non ha fatto cambiare nulla, la didattica a distanza l’abbiamo sempre subita sulla nostra pelle, lezioni frontali blablablose, con Teams e tutte le altre piattaforme è solo aumentato controllo, noia, potere e privilegio dei prof, offese, umiliazioni, sessismo legittimati da dietro uno schermo, leoni da tastiera boomer dall’alto delle loro cattedre.

Cosa ci faceva andare avanti? Cosa ci faceva ingoiare i rospi? Sicuramente la paura, il ricatto, sicuramente il ripetersi ad alta voce tutte le mattine “studia, dai gli esami, accetta tutto e levati di culo il prima possibile”, ma sicuramente la cosa più importante erano le RELAZIONI, quelle formali di quei pochi prof e lavoratori e lavoratrici disponibili, ma soprattutto quelle informali, quei vuoti tra una lezione e l’altra, le chiacchiere a lezione, le pause caffè e sigarette o dallo studio, o lo studio collettivo stesso, tra risate e passaggi di appunti; tutto questo è stato spazzato via dalla pandemia e da questa gestione senza senso universitaria.
Da anni gli spazi per studiare e rilassarsi da questi ritmi frenetici non c’erano, o meglio, erano lasciati marcire al degrado o abbandonati (Che relax andare in mensa e perderci delle ore, che bello mangiare correndo un panino scrauso e strapagato).
Dopo un anno e mezzo di chiusura dell’università niente è stato fatto per aprire i numerosi spazi verdi e all’aperto, il magnifico Mancarella dall’alto della sua Grazia ci ha concesso qualche gazebo sgangherato, normatizzandolo con un complicato e inefficiente metodo di prenotazione online, gli studenti sono costretti raminghi a cercarsi un posto negli spazi più disparati.

L’università si placca d’oro e d’avorio quando fuori c’è la morte, le tasse non sono minimamente calate, anzi aumentate per i fuori corso, perché ovviamente in pandemia, in una situazione difficile da controllare, sono ca**i tuoi che non riesci a stare in pari con gli esami, gli imprevisti non sono contemplati.
Numerose esperienze formative sono state avvilite da queste scelte irresponsabili, numerose matricole non hanno potuto conoscere i propri colleghi, i propri spazi. Per tanti e tante l’università è solo ansia, stress frenesia, paranoie rinchiuse nella solitudine della propria cameretta (prenditi degli ansiolitici, seguiti i corsi su come gestire l’ansia da esame e andrà tutto bene).
Esemplare la gestione dantesca del polo Piagge, uno spazio universitario usato per gli studenti medi palesando l’assenza strutturale degli spazi scolastici, la mancanza di essi viene riversata sulle vite degli studenti e delle studentesse che si devono arrangiare, in questo modo precario e arraffazzonato di andare avanti, rigirii tra le diverse sedi e aule non a misura dei bisogni.

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Oggi più che mai abbiamo bisogno di tempo, tempo sprecato in lag, bug e connessioni indecenti, tempo per non impazzire a incastrare pranzi, cene, docce o anche solo una mezz’ora per riposarsi ma finendo inevitabilmente a seguire le lezioni in posti improbabili della casa, in mutande, mentre si sta cucinando; tempo per noi stessi, tempo per le nostre famiglie, tempo per i nostri amici e amiche, anni preziosi che mutiliamo per stare dietro ad una formazione che non ci valorizza come dovrebbe.
Oggi più che mai abbiamo bisogni di spazi per vedersi, incontrarsi, relazionarsi, per non vivere singolarmente i problemi, per farci forza a vicenda, per organizzarsi per un futuro migliore che sempre più schizofreneticamente ci sfugge di mano, siamo alla goccia, vogliamo una formazione piena, soddisfacente, al passo con i tempi e i nostri bisogni.”

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