Polo Carmignani occupato

Venerdì 18 marzo si è svolta una partecipata assemblea d’Ateneo al Polo Carmignani. Questa mattina in conferenza stampa l* student* hanno raccontato la mobilitazione in corso.

Dopo le denunce dei tagli previsti dalla Regione Toscana al diritto allo studio, portata avanti dal sindacato studentesco Sinistra Per , l’assemblea tutta ha deciso di rimanere in occupazione dentro il Polo.

“Anziché utilizzare i fondi del PNRR per potenziare il Diritto allo Studio, definanziato da più di dieci anni, investendoli in interventi straordinari come la manutenzione e ristrutturazione delle residenze, che cadono a pezzi, o l’ampliamento del servizio mensa, insufficiente anche in periodi di minor affluenza, si decide di affrontare la ripartenza con un gioco sulla pelle della componente studentesca più fragile e più colpita dalla pandemia, quella borsista. Qualora la Regione fallisse nei suoi intenti i risultati sarebbero disastrosi: entro il 2024 si stima un taglio di circa un quarto delle borse di studio, di 650 posti alloggio, oltre alla riduzione dei servizi e ristrutturazione della loro erogazione. Questo significa determinare una forte esternalizzazione dei servizi, aggravando, a pochi anni dalla pandemia, situazioni di sfruttamento e maggiore precarietà delle componenti lavoratrici.”

Questo dato va inserito in un contesto più ampio di definanziamento a cui corrisponde un aumento delle tasse del 60% dal 2005 al 2015: l’Italia è uno dei Paesi in Europa con la tassazione più alta. Sono state introdotte e/o aumentate le tasse per le persone fuoricorso, che molto spesso sono quelle con i redditi più bassi. Così, se confrontiamo le persone immatricolate del 2019 con quelle del 2008, il numero di iscrittз è diminuito di circa il 4,8% . “La retorica del merito è utilizzata per giustificare gli aumenti di tassazione, penalizzazioni, e numeri chiusi, distogliendo l’attenzione da quelli che sono i continui tagli all’istruzione: non si può parlare di merito in un Paese che non garantisce il diritto allo studio”.

Il comunicato dell’assemblea d’Ateneo si conclude con denunce e rivendicazioni:

“Ci opponiamo a un modello di università esamificio, in cui ciò che importa è solo la performance, il voto, un modello in cui si alimenta un sistema malato di competitività. Viviamo infatti in un’università profondamente divisiva, volta a creare barriere tra chi può essere considerato “meritevole” e chi no. Un’università che ci spinge ad identificare il nostro valore nella nostra prestazione, nel voto che ci viene attribuito, spingendoci verso un continuo senso di frustrazione, ansia e panico.

L’inaccessibilità è però data anche dagli spazi in ateneo, che sono sempre meno attraversabili. Ci rendono più distanti, facendo emergere le mancanze strutturali di più di dieci anni di tagli all’università: gli spazi mancavano anche prima della pandemia. Rivendichiamo il ruolo fondamentale che il coinvolgimento attivo, l’incontro e l’aggregazione hanno nella nostra vita universitaria. Questi aspetti si concretizzano nella disponibilità di spazi più sicuri e accessibili, sia fisici che non, spazi di discussione pubblica sull’università, in cui dobbiamo essere ascoltatз.

Vogliamo un’Università inclusiva, che non impedisca il pieno sviluppo della personalità, ma lo assecondi e supporti. Vogliamo Università libere da abilismo, razzismo, sessismo e pregiudizi, accessibili per tutti i corpi e le soggettività. Vogliamo un’educazione transfemminista, vogliamo atenei più sicuri, privi di violenza e abuso. Vogliamo un’Università che sappia accogliere e integrare tutta la componente studentesca, formando ogni soggetto alla diversità. Vogliamo una nuova Università, più equa e giusta e che sia soprattutto inclusiva e accessibile!”.

 

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