Rigassificatore a Piombino: alcune considerazioni verso una nuova fase di mobilitazione

Giovedì 20 ottobre 2022 migliaia di persone hanno attraversato le strade di Piombino nell’ambito dello sciopero generale contro il rigassificatore chiamato in città.  Da Rifondazione Comunista, fino al sindaco di Fratelli d’Italia (unico assente il PD), passando per i sindacati e il partito ItalExit di Gianluigi Paragone (presente di persona) fino a semplici cittadinз e commercianti, tutta la città ha messo in chiaro la contrarietà alla collocazione della nave rigassificatrice nel suo porto.
Il giorno successivo Eugenio Giani, Partito Democratico, presidente della Regione Toscana nonché commissario straordinario del governo per la realizzazione del rigassificatore, annuncia il via libera della Regione ai lavori, e la firma ufficiale del procedimento per il 26 ottobre. 

Di cosa ci parla questa vicenda così all’ordine del giorno nelle cronache tanto locali quanto nazionali?
Piombino è una cittadina di 30000 abitanti nella provincia di Livorno. É stata il secondo polo siderurgico in Italia dopo Taranto, fino al 2014, quando la Lucchini chiuse definitivamente, lasciando oltre 900 ettari di SIN (Sito di Interesse Nazionale) da bonificare, e migliaia di persone senza lavoro. Dal 2014 sono nate molte attività alternative alla siderurgia, in particolare legate al mare, dai servizi connessi al turismo fino alla cantieristica navale, passando per gli allevamenti di pesce: il 60% della produzione ittica italiana proviene infatti da Piombino.
In questo contesto, ad aprile di quest’anno si è cominciata a ventilare l’ipotesi di un rigassificatore nel porto. Con il DL “Aiuti”, in  virtù di una presunta “emergenza nazionale energetica”, è infatti possibile realizzare impianti di rigassificazione con procedura semplificata: in soli 120 giorni, senza VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e dove si vuole.
L’emergenzialità legata al conflitto russo-ucraino, grazie alla quale questo Decreto è stato convertito in legge, è tutta legata ad una presunta mancanza di gas e di approvvigionamenti energetici. La retorica del terrore energetico, che ci fa pensare che corriamo il rischio di rimanere senza luce e riscaldamento nelle nostre case, comincia però a vacillare se andiamo a guardare i dati dell’ultimo anno sulle esportazioni di gas fossile dall’Italia verso l’estero.

Fonte: Elaborazione Altreconomia su dati del Ministero dello Sviluppo Economico, 2022
Fonte: Elaborazione Altreconomia su dati del Ministero dello Sviluppo Economico, 2022

Da questo grafico possiamo vedere come in Italia in questo momento sul mercato ci sia molto più gas disponibile rispetto alla domanda, motivo per cui l’esportazione è cresciuta addirittura del 578%.

Ma da dove viene tutto questo gas?
Il procedimento estrattivo in gergo tecnico si chiama fracking, e consiste sostanzialmente nella rottura della crosta terrestre tramite un getto ad altissima pressione di acqua mista a sabbia e altri prodotti chimici, che provoca l’emersione in superficie del gas.
Questa pratica chiaramente comporta che intere popolazioni si ritrovino a dover abbandonare i propri territori a causa delle trivellazioni ininterrotte. In particolare tra le regioni maggiormente interessate troviamo Qatar, Mozambico e Azerbaigian.
Risulta interessante notare come le migliori forze armate italiane (ad esempio i GIS, Gruppi di Intervento Speciale, o il reparto Tuscania) vadano proprio in questi territori ad attuare missioni speciali per la “difesa degli interessi nazionali”, ossia per la difesa degli asset strategici di aziende come ENI

Cosa significa un rigassificatore nel porto di Piombino?
Nei fatti, la firma di Eugenio Giani ha dato il via libera all’arrivo e all’installazione di una grossa nave (delle dimensioni di circa 300 metri) che provocherebbe grandissimi disagi al traffico portuale, anche a causa del continuo passaggio di navi, provenienti direttamente dai luoghi dell’estrazione, che andrebbero a rifornire il rigassificatore della sua materia prima.
Si tratterebbe inoltre del primo impianto di rigassificazione ibrido: non del tutto offshore (sotto il livello del mare) non del tutto onshore (sopra il livello del mare). Passerebbe cioè dall’entroterra, collegandosi direttamente alla rete del gas nazionale.
La nave e la tubatura sottomarina, oltre al classico impianto di tubazione utilizzato per gli altri rigassificatori attualmente presenti in Italia, impiegherebbe un nuovo tipo di tubi, più flessibili degli altri, solitamente utilizzati per impianti provvisori e dunque non progettati per essere definitivi. La loro principale problematicità è che subiscono la pressione delle onde marine, aumentando così il rischio di incidenti che, lo ricordiamo, avverrebbero a due passi da zone abitate. In più, l’impianto onshore passerebbe esattamente nell’area dell’ex polo siderurgico mai bonificato.

Fonte: Il Post
Fonte: Il Post
Fonte: SNAM
Fonte: SNAM

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di fronte quindi ad un evidente pericolo per la vita delle persone e l’equilibrio degli ecosistemi si sceglie comunque di andare avanti con l’opera. Sul territorio di Piombino e sulla pelle delle persone che lo abitano, dunque, possiamo leggere la tendenza a creare vere e proprie zone di sacrificio; zone cioè totalmente sacrificabili all’esigenza del capitalismo di riprodurre sé stesso. Non importa, in questo senso, quelle che possono essere le conseguenze per l’ambiente e per un tessuto economico in lenta fase di ripresa post acciaierie: basti pensare al mercato ittico che verrebbe pesantemente danneggiato, diventando così l’ennesima vittima sacrificale sull’altare della globalizzazione.

Le promesse di Eugenio Giani
Un’altra questione aperta è quella della Valutazione dell’Impatto Ambientale (V.I.A.).
Il Presidente della Regione promette che verrà fatta dopo l’approvazione del progetto (che nel frattempo ha avuto il via libera), ma numerosi casi di disastri ambientali in Italia dimostrano come questa promessa venga spesso e volentieri disattesa. L’ILVA di Taranto è l’esempio più eclatante di questa vera e propria truffa mossa ai danni delle popolazioni.
Rilevante è anche la domanda: quanto tempo rimarrà la nave nel porto di Piombino?
Giani ancora una volta promette che si tratterà “solo” di tre anni, il tempo di uscire dalla (presunta) emergenza energetica. Da SNAM, invece, fanno sapere che i piani sono ben altri. Sicuramente la nave metaniera rimarrà tre anni nel porto di Piombino, per poi, a loro dire, essere spostata fuori dal golfo di Follonica e rimanere in funzione in mare aperto per altri 22 anni.

Il problema politico per i partiti
Nella vicenda del rigassificatore la figura di Eugenio Giani costituisce un emblema: non solo è il Presidente della Regione, nonché commissario straordinario per la realizzazione del progetto (quindi con poteri sia “politici” che “tecnici”); ma il suo partito è anche l’unico assente su tutti i livelli dell’opposizione a questa grande opera, e riconosciuto dai più come il maggior responsabile della devastazione che sarà. Questo dimostra quanto il Partito Democratico e i suoi esponenti politici abbiano ormai perso quasi ogni contatto e base politica anche nella storica “Toscana Rossa”.
Tuttavia, va dato atto al Partito Democratico di essere quanto meno coerente in tutti i suoi livelli: non c’è un suo esponente, che sia locale, regionale o nazionale, ad essersi dichiarato contrario al rigassificatore.
Lo stesso non si può dire di praticamente tutti gli altri.
Se da un lato su una scala nazionale vediamo dichiarazioni in grande stile da tutte le forze politiche sull’essenzialità dei nuovi impianti di rigassificazione (piombinese, ravennate ecc.) per il “nostro” gas contrapposto a quello “di Putin”; la musica cambia decisamente se andiamo a guardare la dimensione locale.
Pensiamo quindi al sindaco di Piombino, Francesco Ferrari, Fratelli d’Italia, che, nonostante il suo partito sia uno dei più accaniti sostenitori dell’opera, sfila per le strade di Piombino durante lo sciopero generale, promettendo poi al microfono che farà tutto il possibile per fermare la nave di SNAM (pur rimanendo, chiaramente, “all’interno della legalità”). Ferrari, come gli altri sindaci della Val di Cornia, è un ottimo esempio di come la politica locale si sia dovuta piegare ad una volontà popolare espressa chiaramente e con forza durante le diverse manifestazioni che ci sono state da quest’estate ad oggi.
Questi esponenti politici hanno però dall’altra parte i loro partiti nazionali, i quali ancora una volta ripropongono un modello di governo dall’alto dei territori, e non si fanno scrupoli a passare sopra anche ai loro stessi amministratori. A Piombino si sta aprendo una profonda crepa nel modello democratico rappresentativo, ed è in questa stessa crepa che sta crescendo la mobilitazione.

Per quanto tempo ancora i partiti politici potranno “nascondere” questa contraddizione interna? Per quanto tempo i cittadini glielo permetteranno?
Queste sono alcune delle domande che ci sembra interessante porci.
Nel frattempo, nel porto di Piombino dal giorno alla notte sono comparsi i tubi di SNAM, pronti per essere montati. è solo questione di (poco) tempo prima del via ai lavori. E mentre Ferrari nel comizio finale dello sciopero generale fa finta di non vedere le posizioni di Fratelli d’Italia nazionale e si trincera dietro al solito ritornello della “legalità”, dallo stesso palco c’è qualcuno che lancia l’occupazione della banchina.
E la piazza rumoreggia…

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